lunedì 2 novembre 2009

Scheda sintetica su Malcom X


MALCOLM X
Dai diritti civili ai diritti umani
L’internazionalizzazione della lotta
di Federica Mereu

Malcolm X, l’Afro-Americano “più arrabbiato d’America”, come si autodefiniva, assassinato nel 1965, a soli trentanove anni, per aver denunciato il sistema razzista degli Stati Uniti, è stato uno dei più brillanti pensatori rivoluzionari del ventesimo secolo.
Da piccolo criminale del ghetto, drogato e senza speranze, Malcolm Little divenne un oratore di grande carisma, un leader politico di statura mondiale.
La protesta nera, che ebbe inizio nel 1950 in modo moderato e riformista con il Civil Rights Movement, si radicalizzò quando fu chiaro che sarebbe stato impossibile ottenere una trasformazione sociale all’interno del quadro istituzionale esistente.
In questa nuova fase del movimento la figura politica di maggior rilievo fu quella di Malcolm X.
Personaggio estremamente complesso, visse un’inarrestabile e sofferta trasformazione della propria visione del mondo.
I 12 anni in cui Malcolm X militò all’interno della setta pseudoislamica la “Nazione dell’Islam”, come suo portavoce, furono anni di odio e di profondo disprezzo verso “la razza bianca, inferiore moralmente, degenerata e corrotta”, causa di tutti i mali del mondo.
Ma in seguito al pellegrinaggio alla Mecca, l’Hajj, in parte a causa dell’influenza dell’Islam ortodosso, in parte per essere venuto a contatto anche con rivoluzionari di pelle bianca, Malcolm ripudiò il razzismo in tutte le sue forme.
In seguito alla rottura con Elijah Muhammad, capo spirituale della “Nazione dell’Islam”, il 28 Giugno 1964 Malcolm X fondò l’“Organizzazione per l’Unità Afro-Americana, un movimento a carattere laico costituito allo scopo di stabilire un rapporto di comunicazione e di aiuto reciproco tra gli Afro-Americani e i loro fratelli Africani sulla base di un programma volto alla conquista dei diritti umani “con ogni mezzo necessario”.
Malcolm insegnò ad assumere una prospettiva allargata e a pensare su scala internazionale la politica degli Afro-Americani e la loro lotta. L’OAAU seguiva la lettera e lo spirito dell’Organizzazione per l’Unità Africana (OAU) costituita nel 1963 alla Conferenza di Addis Abeba con lo scopo di promuovere un’unità panafricana e l’azione comune dei governi africani indipendenti.

Mentre gli integrazionisti, politicamente riformisti e moderati, avevano come obiettivo politico essenzialmente il riconoscimento dei diritti civili degli Afro-Americani, l’impegno principale di Malcolm X fu quello di portare la lotta per i diritti civili, ad un livello più alto: quello dei diritti umani. La “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani” dell’ONU del 1948 proclamava i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali di “tutti i membri della famiglia umana”. Malcolm X intendeva sollevare il caso della sistematica violazione dei diritti umani di ventidue milioni di Afro-Americani di fronte alle Nazioni Unite e denunciare la negazione dei loro diritti civili, il genocidio, la discriminazione, lo sfruttamento economico e la congiura politica nei loro confronti. Ma la sua attività fu stroncata improvvisamente dal suo assassinio.

“E’ stato un grave colpo per il popolo nero e per tutti gli americani bianchi che vogliono abbattere il sistema che genera il razzismo. Uomini come Malcolm non nascono spesso, né in gran numero. I nemici del progresso umano beneficiano della sua morte; coloro che per il progresso umano si battono ne sono indeboliti e danneggiati.
Ma un pur grave colpo non può annientare la lotta...Il sistema capitalistico non genera solo razzismo, ma anche ribelli al razzismo...” F. Lovell
Malcolm X

Malcolm X, “l’Afro-Americano più arrabbiato d’America”, come si autodefiniva, assassinato nel 1965 a soli trentanove anni per aver voluto cambiare il sistema razzista degli Stati Uniti d’America, può essere considerato come uno dei più brillanti pensatori rivoluzionari del ventesimo secolo, un leader politico di statura mondiale e di grande carisma.
Da piccolo criminale, ignorante, drogato, uno dei tanti parassiti della società americana, divenne uno spirito critico, un grande oratore, un politico di fama internazionale.

E’ molto difficile dire chi era Malcolm X, un personaggio estremamente complesso, che ha vissuto una continua metamorfosi, un’inarrestabile e sofferta trasformazione delle proprie idee verso una coscienza politica sempre più matura.
In tutte le fasi della sua vita, da quella dell’odio a quella più matura, ogni volta era convinto delle sue idee, sincero, ma capace di cambiare, anche se si può dire che solo negli ultimi due anni di vita fu mentalmente autonomo.

Malcolm X fu sempre contrapposto ad un altro grande leader, molto meno pericoloso per gli Stati Uniti, Martin Luther King, simbolo del “bene”, moderato, assennato e responsabile; Malcolm X rappresentava invece il simbolo del “male”, un-american e anticristiano, “predicatore dell’odio”, “razzista”, “istigatore alla violenza”, “agitatore”, “fanatico”, “sovversivo”, “comunista”).
Raramente vengono messe in evidenza le similitudini tra questi due grandi personaggi e ancor più raramente viene reso noto l’avvicinamento, avvenuto dopo il 1965, di Martin Luther King alle posizioni di Malcolm X. La stampa ha concentrato la sua attenzione sull’odio (“seminatore di odio”); ma coloro che hanno ascoltato o letto i suoi discorsi sanno che egli non invitava alla violenza, ma rivendicava il diritto dei neri di difendersi “by any means necessary”, questo era il suo motto, ricorrendo anche alla violenza se necessario.

La Nation of Islam
In prigione Malcolm X entrò in contatto con l’Islam e si convertì a questa religione.
Una volta libero, fu per dodici anni portavoce di Elijah Muhammed, capo spirituale della Lost-and-Found Nation of Islam. Fu un periodo di odio e di profondo disprezzo verso tutti i bianchi, causa di tutti i mali del mondo.
Questa fase di forte opposizione e di totale rifiuto della società dei bianchi è un passaggio fondamentale nell’evoluzione di Malcolm X, una fase intermedia, poi superata in una fase più matura di alleanza tra tutti coloro che fossero “sinceramente intenzionati ad eliminare l’ingiustizia che ancora opprimeva il popolo nero”.

Perché l’Islam
L’Islam, una religione che nutre una sufficiente carica di odio verso gli ingiusti e gli oppressori, era la risposta ai loro problemi.
Attraverso l’appartenenza e l’identificazione con una religione, la Nation of Islam offriva una identità adeguata alle aspirazioni dei neri d’America, l’identità di Muslim, musulmani, che gli permetteva di riappropriarsi della memoria storica e delle loro radici nella terra originaria, l’Africa.
In questa fase Malcolm, attraverso una forte contrapposizione con la società bianca, con l’estremismo, con il fanatismo religioso e con ideali separatisti, ha saputo infuocare gli animi In questo senso l’odio serviva per ribellarsi. “La religione naturale dei neri”: l’Islam

L’apparizione dell’Islam era qualcosa di nuovo per l’America: nella complessa e variegata tradizione religiosa nera e bianca degli Stati Uniti non ve n’era traccia. Se improvvisamente l’Islam apparve e fece proseliti nella comunità afro-americana fu perché i suoi princìpi fondamentali rispondevano alle loro istanze più urgenti in quel particolare momento storico. Meglio delle altre la via dell’Islam si adattava alla situazione degli Afro-Americani. E’ questo il senso in cui va intesa la loro conversione.
Mentre la religione musulmana svolgeva per i neri una funzione rivoluzionaria e liberatrice, fonte di entusiasmo, di speranza e di utopia, al contrario, il cristianesimo, aveva sempre svolto un ruolo di conservazione del potere e del predominio dei bianchi sui neri.
1. L’Islam rendeva i neri spiritualmente indipendenti dai bianchi.
2. Religione rivoluzionaria, il suo scopo era di rendere migliore la struttura religiosa, sociale, economica e politica degli Stati Uniti d’America.
3. l’Islam, una delle religioni più diffuse nel continente africano e nei paesi del terzo mondo, riunificava gli Afro-Americani con i loro fratelli in Africa, Asia, e America Latina in nome di una comune esigenza di liberazione dalla stessa oppressione imperialistica. L’Islam, per la sua vocazione universalistica, era la religione della fratellanza fra oppressi che internazionalizzava la loro lotta.
4. L’Islam incoraggia i suoi fedeli alla lotta anzichè alla sottomissione: nella confusione dovuta alla perdita dell’identità, l’Islam non era solo un rifugio ma un grido di battaglia.
5. L’Islam è la religione della vera fratellanza, della giustizia sociale, della solidarietà tra i fedeli, dell’uguaglianza e della parità umana al di là delle differenze di nazionalità, colore della pelle e cultura[1].

The Organization of Afro-American Unity (OAAU)
In seguito al pellegrinaggio alla Mecca, l’Hajj, Malcolm in parte a causa dell’influenza dell’Islam ortodosso che sottolinea la fondamentale unità di tutti gli esseri umani di fronte ad un unico Dio, in parte per essere venuto a contatto anche con rivoluzionari bianchi e arabi, Malcolm ripudiò il razzismo in tutte le sue forme e da allora in poi giudicò gli uomini in base alle azioni e agli atteggiamenti e non più per il colore della pelle.
In seguito alla rottura con Elijah Muhammad e la sua setta, Malcolm aderì alla dottrina islamica ortodossa, considerando la religione esclusivamente una questione di fede e di scelta personale, mentre la lotta dei neri era una questione che andava affrontata e risolta sul piano politico.
Nel 1964 Malcolm X fondò l’Organization of Afro-American Unity (OAAU), un movimento a carattere laico costituito allo scopo di stabilire un rapporto di comunicazione e di aiuto reciproco tra gli Afro-Americani e i loro fratelli Africani sulla base di un programma volto alla conquista dei diritti umani “by any means necessary”. L’OAAU seguiva lo spirito dell’Organization of African Unity (OAU) costituita nel 1963 con lo scopo di promuovere un’unità panafricana. La nuova filosofia politica, economica e sociale di Malcolm X era il nazionalismo nero rivoluzionario.

Gli Integrazionisti
L’obiettivo dei leaders integrazionisti, politicamente riformisti e moderati, era il riconoscimento dei diritti civili degli Afro-Americani, l’integrazione nella società americana.
Questo era il sogno di Martin Luther King, espresso nel suo storico discorso “I have a dream”: “...che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni” [Naso 1993 :102].

I Nazionalisti
I leaders nazionalisti erano interessati esclusivamente ai problemi interni della comunità nera e non si preoccupavano della natura della società entro la quale vivevano; in questo modo non facevano nulla per tentare di migliorare la società. Per loro l’unica soluzione era la completa e definitiva separazione della Nazione Nera dalla società bianca. Questo atteggiamento rendeva il movimento nazionalista politicamente conservatore e statico.
Ancora oggi Louis Farrakhan, l’attuale ministro della Nation of Islam, chiede uno stato separato e indipendente per i neri, “il popolo eletto da Dio”.

Nazionalismo nero rivoluzionario

L’ultima posizione di Malcolm X (1964): gli Afro-Americani avrebbero dovuto rimanere negli Stati Uniti e combattere lì per ciò che apparteneva loro di diritto. La migrazione verso l’Africa avrebbe dovuto essere una migrazione mentale e culturale, non necessariamente anche fisica.
Obiettivo del nazionalismo nero rivoluzionario era il cambiamento o attraverso i metodi democratici (elezioni politiche) o con una rivoluzione. Si intendeva riorganizzare l’intera società attraverso un cambiamento radicale dell’economia, della struttura politica, delle leggi, del sistema educativo in modo tale che non si verificassero realtà di ingiustizia e razzismo.
I rivoluzionari non si sentivano parte della minoranza nera in America, ma parte dell’umanità di colore che, sulla scena mondiale, erano la maggioranza e stavano cominciando a far sentire la loro voce in difesa dei diritti umani. E non si trattava di una rivolta razziale locale, ma faceva parte della rivoluzione mondiale che in quegli anni stava avanzando ovunque sulla terra.
“...Io non sono un americano. Sono uno dei ventidue milioni di uomini dalla pelle nera che sono vittime dell’americanismo, uno dei ventidue milioni di vittime della democrazia che non è altro che un’ipocrisia travestita...Io vi parlo da vittima del sistema americano...e non riesco a vedere nessun sogno americano. Quello che vedo è un incubo americano” [Giammanco 1994: 146].


Con Malcolm X il movimento nero fece due importanti salti di qualità:

1. Uno dei principali impegni di Malcolm X fu quello di portare la lotta per i diritti civili ad un livello più alto: quello dei diritti umani.
Nel 1948 l’Assemblea Generale dell’ONU aveva adottato la “Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo” che proclamava i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali di “tutti i membri della famiglia umana”; Malcolm X intendeva sollevare il caso della sistematica violazione dei diritti umani di ventidue milioni di Afro-Americani di fronte alle Nazioni Unite e denunciare la negazione dei loro diritti civili, il genocidio, la discriminazione, lo sfruttamento economico e la congiura politica; il Governo Americano al cospetto di un tribunale mondiale avrebbe dovuto spiegare perché, in un paese cosiddetto libero e democratico, i neri non erano trattati come esseri umani[2].
“Finché si combatte per i diritti civili...si resta entro i limiti giurisdizionali della zio Sam. Nessuno che non viva in questo paese può levare la sua voce in vostra difesa...(perché) rientrano negli affari interni degli Stati Uniti. Tutti i nostri fratelli dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina non possono...interferire negli affari interni di questo paese...” [Giammanco 1994: 143].

2. L’internazionalizzazione della lotta degli Afro-Americani
Malcolm X insegnava a guardare le questioni da una prospettiva internazionale.
Tutti i neri, sia in Africa che in America, subiscono lo stesso trattamento: la comunità nera in America è una delle tante colonie, una colonia interna, sotto il dominio statunitense; l’unica differenza tra la condizione reale degli Afro-Americani negli Stati Uniti e la dominazione coloniale imperialista nel Terzo Mondo era quella di dover vivere gomito a gomito con i dominatori e di essere una minoranza senza la propria storia, la propria lingua e la propria cultura.
“… Quando i ventidue milioni di neri americani arrivano a comprendere di essere oppressi allo stesso modo (di altri) popoli...allora si affronta la questione come una maggioranza che è in grado di esigere, e non come una minoranza che è costretta a chiedere l’elemosina. Non dimentichiamoci che i popoli oppressi di questa terra sono la maggioranza!...” [Giammanco 1994: 318-319].
Malcolm X invitava i neri ad ampliare la propria prospettiva, creando un collegamento con le lotte di liberazione dei popoli africani e asiatici.
Malcolm era dalla parte delle masse oppresse e sfruttate di tutto il mondo contro i loro oppressori e sfruttatori, facenti capo all’imperialismo Usa.

A livello internazionale le nazioni africane, asiatiche e arabe formavano un blocco, il “Movimento dei non allineati” che appoggiava tutti le lotte per la liberazione e l’indipendenza e mirava alla riforma dell’ordine economico internazionale.
“Oggi, il 1964, qualsiasi esplosione razziale che si verifichi in America non può più restar confinata entro questo paese…A centinaia di migliaia, oggi, i nostri fratelli hanno perso la pazienza, voltano le spalle al vostro nazionalismo bianco, che voi chiamate democrazia, per seguire la politica combattiva e contraria ad ogni compromesso del nazionalismo nero...Il 1964 segnerà un’evoluzione della “rivolta negra” che gradualmente entrerà a far parte della rivoluzione nera mondiale cominciata intorno al 1945...
Le rivoluzioni rovesciano i sistemi e non esiste su questa terra sistema più corrotto, più criminale di questo che ancora oggi...tiene in una condizione coloniale...ventidue milioni di Afro-Americani.
Non esiste sistema più corrotto di questo che si atteggia a esempio di libertà e democrazia, si presenta a tutti gli altri popoli con la pretesa di imporre la loro forma di governo, quando poi in questo paese ci sono dei cittadini che per potersi servire della scheda (elettorale) sono costretti a usare il fucile...

Nel Luglio 1964 Malcolm X, in veste di rappresentante dei neri americani, partecipò al “Vertice Africano” del Cairo, seconda conferenza dell’OAU, e sottopose ai delegati africani un memorandum in cui chiedeva il loro appoggio alla lotta dei neri negli Stati Uniti e il loro aiuto per portare il problema di fronte alle Nazioni Unite.
In questo documento egli mise in evidenza le gravi condizioni in cui veniva tenuta le gente nera ed esortò il congresso a rendere noto al mondo che gli Africani consideravano come propri i problemi dei loro fratelli in America. In particolare denunciò la natura insidiosa e ingannevole della legge sui diritti civili[3] che era stata recentemente approvata, una manovra propagandistica per impedire la condanna dell’America come paese razzista che in realtà non sradicava le vere radici dell’ingiustizia razziale.

La presenza di Malcolm al “Vertice Africano” fu un fatto storico perché in passato nessun nero americano aveva cercato di presentare i suoi problemi nel contesto dei problemi africani. Ma le attività internazionali di Malcolm creavano grosse preoccupazioni alla struttura di potere americana e per la CIA e l’FBI di J. Edgar Hoover erano diventate insostenibili. L’influenza di Malcolm alle Nazioni Unite apparve chiara nelle violente denunce della politica razziale americana, sia in patria sia all’estero, sollevate da molte delegazioni africane durante il dibattito sul Congo.
Il fatto che si attribuì a lui la colpa per la decisa presa di posizione della Nazioni africane all’ONU contro l’imperialismo e il neocolonialismo dimostra il suo successo.


Il materialismo del razzismo: non conflitto razziale ma sfruttamento di classe
Malcolm fu capace di vedere, al di là della maschera del razzismo, la sua natura materialistica e di individuare le profonde motivazioni economiche che lo determinano.
“Non ci può essere capitalismo senza razzismo, questi sono due fenomeni indissolubilmente legati l’uno all’altro”.
Dopo aver viaggiato e aver visto realtà diverse da quella americana, Malcolm si rese conto che il razzismo non è affatto un sentimento naturale dell’essere umano, un fenomeno presente in ogni società e in ogni cultura, ma al contrario è un’invenzione che ha storicamente permesso la sopraffazione umana.
“Il razzismo nasce e si sviluppa storicamente negli Stati Uniti per agevolare a livello socio-psicologico, come scrive O.C. Cox, lo sfruttamento intensivo delle masse nere nelle piantagioni sudiste; costituisce...la sovrastruttura ideologica di tale sfruttamento...”
Come ha detto Frantz Fanon, “...il razzismo è parte integrante...dello sfruttamento spudorato di un gruppo di uomini da parte di un altro gruppo che ha raggiunto uno stadio di sviluppo tecnologico più avanzato...” [Martinelli e Cavalli, 1971: 19].
Il razzismo quindi non è pensabile come “malattia dell’immaginazione umana”, come lo definì Frederick Douglass nel 1855, né il frutto di “una crisi morale”, come lo definì Kennedy nel 1963 in un accorato appello alla nazione, né un fenomeno casuale, né un sentimento naturale dell’essere umano, né un male necessario; esso è al contrario una componente ideologica ineliminabile del modo di produzione capitalistico e della politica imperialistica.
Lo sfruttamento di classe che trova legittimazione nell’ideologia razzista. Esso si manifesta nel processo produttivo: i neri sono considerati una fonte inesauribile che fornisce manodopera remunerata a livelli inferiori a quelli ottenuti nelle contrattazioni dei sindacati.
“Non è corretto classificare la rivolta del Negro semplicemente come un conflitto razziale del nero contro il bianco, o come un problema puramente americano. Piuttosto, oggi siamo di fronte ad una ribellione dell’oppresso contro l’oppressore, dello sfruttato contro lo sfruttatore”, Malcolm X, Speech at Barnard College, February 18, 1965 [Breitman 1992: 174]. Considerando il conflitto solo come conflitto razziale, si perde il vero significato della lotta dell’umanità oppressa contro l’ingiustizia.

Il razzismo, l’ideologia secondo cui un essere umano è inferiore ad un altro essere umano in base all’appartenenza ad una “categoria razziale” pseudo-scientifica[4], svolge due funzioni socio-economiche fondamentali:
1. Serve a giustificare e legittimare lo sfruttamento dei lavoratori neri, attraverso l’ideologia della loro inferiorità: il nero merita la sua condizione socio-economica inferiore e subalterna a causa della sua natura innata di essere inferiore; il “povero negro”, “essere meno che umano”è più felice se non viene incoraggiato a cercare l’impossibile. E’ giusto quindi sottometterlo, perchè egli è per natura indolente, irresponsabile, disonesto, pigro, immorale, incapace di condurre un’esistenza degna di un essere umano civile.
In ogni sistema capitalistico la classe che detiene la proprietà dei mezzi di produzione, la classe al potere deve disporre di forza-lavoro a buon mercato, necessaria al mantenimento del sistema. E’ importante riconoscere la specificità della condizione sociale degli Afro-Americani rispetto aquella delle altre minoranze etniche o del proletariato e sottoproletariato bianco: i neri rappresentano infatti il gruppo che risente in modo più intenso e diretto dello sfruttamento capitalistico.
2. Il razzismo viene utilizzato inoltre per impedire la formazione di una coscienza di classe unitaria al di là delle differenze etniche tra tutti i gruppi subalterni. La classe al potere deve ostacolare la coalizzazione dei lavoratori che potrebbe sfociare in ribellioni contro l’ordine sociale esistente e mettere in pericolo la sua posizione dominante. Per impedire che ciò avvenga, viene utilizzato l’antica strategia del “divide et impera”, che funziona mettendo un gruppo contro l’altro, suscitando ostilità, accrescendo le divisioni, gli antagonismi, gli odi e i pregiudizi tra i gruppi, per diminuirne la forza, per controllarli e dominarli più facilmente. Concedendo privilegi solo ad alcuni gruppi, che salgono un gradino più su rispetto agli altri, aumenta il senso della distanza e della differenza.
I conflitti razziali hanno anche un’altra funzione: convogliano l’aggressività dei lavoratori sfruttati verso nemici sostitutivi di quelli reali, distogliendo così l’attenzione sulle vere cause della frustrazione.

La formazione di una coscienza di classe unitaria, la debolezza delle organizzazioni sindacali americane, peraltro controllate dai bianchi e chiuse ai neri, del socialismo, del comunismo e degli altri movimenti rivoluzionari sono state ostacolate anche dal mito nazionale dell’American Dream. Questa grande suggestione, il sogno secondo cui chiunque, lavorando duramente sarebbe potuto diventare Presidente degli Stati Uniti d’America, è stato abilmente utilizzato dal potere per illudere e inebriare il popolo, mantenendolo in uno stato onirico di continua tensione verso un futuro miglioramento delle condizioni di vita individuali, anzichè verso il miglioramento collettivo.
Nonostante molti problemi, come la disoccupazione e lo sfruttamento, abbiano sempre accomunato la povertà bianca e la povertà nera, non c’è stata in America, tranne che in rarissimi casi, un’unità nella lotta per difendere gli interessi comuni indipendentemente dalle differenze di colore, che erano percepite invece come una barriera insormontabile: l’operaio bianco, privo di spirito solidaristico, non ha mai sostenuto le ragioni dell’operaio dequalificato nero.


[2] Gli Stati Uniti d’America, un paese che si professa “guida morale del mondo libero” avevano aderito alla dichiarazione dell’ONU, ma non avevano sottoscritto la “Convenzione sui diritti umani”. Non avevano potuto firmarla perchè ancora non venivano riconosciuti i diritti civili dei neri.
[3] Durante l’amministrazione Johnson, il Senato approvò il Civil Rights Act, la legge sui diritti civili dei neri, che fu estesa e approvata nel 1967. Malcolm dichiarò che i neri sarebbero stati pazzi se si fossero mostrati soddisfatti di questo “progresso” perché il progetto di legge non attaccava le vere radici del razzismo e rese noto che contemporaneamente a questa era entrata in vigore una legge conosciuta come “legge delle irruzioni domiciliari senza mandato” che considerava a tutti gli effetti una legge “anti-negro”.
[4] Nel 1995 antropologi, biologi e genetisti hanno firmato un manifesto in cui sostengono che il concetto di razza non è scientifico ed è illusorio ogni tentativo di classificazione in base ad esso, perché le differenze tra gli esseri umani sono solo superficiali. La presa di posizione degli specialisti è stata trasmessa alle Nazioni Uniti con l’invito ad aggiornare i documenti in cui viene menzionato il concetto di razza. Lo scopo di questi studi è di fornire la base scientifica per confutare uno dei pregiudizi più dannori di ogni tempo, il razzismo.

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